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Wagmi PRO |🔮 Il Ciclo che (forse) non Finisce Qui

A volte i mercati cambiano direzione senza dircelo apertamente, non lo fanno con un annuncio, lo fanno a piccoli segnali. Questo report serve proprio a leggere questi segnali senza farsi trascinare dal rumore. In questo documento definiamo cosa sta davvero succedendo alla liquidità, perché tutti parlano di fine del QT e cosa potrebbe voler dire per il mercato crypto. L’obiettivo non è indovinare il futuro, ma riconoscere quando il vento sta girando e arrivarci preparati.


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Il segnale che cambia tutto


“La Fed potrebbe interrompere la riduzione del bilancio nei prossimi mesi.”


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Una frase all’apparenza innocua, pronunciata da Powell con la solita calma misurata. Ma per chi osserva da vicino la macchina monetaria, è come sentire un allarme suonare in una sala operatoria.


Tradotto nel linguaggio dei mercati: il QT sta per trasformarsi in QE.


La domanda vera, però, non è se questo passaggio sia imminente, ma cosa riveli sullo stato del sistema finanziario. È solo una mossa simbolica o il segnale che la Fed sta perdendo il controllo della dinamica di liquidità?


Se questi temi ti sembrano complessi, non ti preoccupare perché oggi ti spiego passo dopo passo, come funziona davvero il meccanismo del bilancio Fed, perché il QT sta arrivando al capolinea, e quali saranno le conseguenze per i mercati globali e per Bitcoin.


Quindi buon lunedì, se non l'hai già fatto preparati un caffè, mettiti comodo perché quello che stai per leggere è la bussola per navigare i prossimi mesi sui mercati.



Crisi di liquidità all’orizzonte


Avevamo già segnalato in altri report che la Federal Reserve si stava avvicinando a una soglia critica di liquidità e che era solo questione di tempo prima che qualcosa si incrinasse, beh ora quella soglia è stata superata e non si torna più indietro.


Il quadro che sta emergendo è complesso, motivo per il quale molti non lo stanno anticipando ma i segnali sono chiari per chi sa leggerli.


E il primo, il più evidente di tutti, è che Il Reverse Repo Facility è ormai esaurito


Capiamoci meglio: per due anni, il Reverse Repo Facility ha funzionato come una valvola di sfogo, un posto dove le istituzioni finanziarie parcheggiavano la liquidità in eccesso ottenendo un rendimento sicuro, mentre la Fed usava quello strumento per sterilizzare parte degli effetti inflazionistici della stampa di denaro incontrollata durante il periodo del Covid.


Insomma era una sorta di “serbatoio tampone” che permetteva alla banca centrale di ridurre il proprio bilancio senza mandare in tilt il sistema dei finanziamenti a breve termine e nel 2022 aveva raggiunto un picco di 2,4 trilioni di dollari.


Ecco ora quel serbatoio è sparito.


E quando il Reverse Repo Facility si prosciuga, significa che il sistema ha esaurito il suo margine operativo di sicurezza.


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Questa settimana il Reverse Repo Facility è sceso a pochi miliardi di dollari.


Una riduzione del 99% rispetto al picco del 2022.


Il punto è che il RRP non è un meccanismo tecnico marginale. Negli ultimi anni è stato l’ammortizzatore principale dell’intero sistema finanziario.


Quello che era nato come strumento per aiutare la Fed a gestire i tassi a breve termine nel tempo si è trasformato in qualcosa di molto più importante: una valvola di sfogo per l’eccesso di liquidità generato dal QE pandemico.


Durante la fase di espansione monetaria post-Covid, la Fed e il Tesoro hanno inondato il sistema con trilioni di dollari. E dove è finita gran parte di quella liquidità? Parcheggiata nel RRP, attraverso i money market funds, che incassavano un rendimento sicuro e aiutavano la Fed a controllare la pressione inflazionistica.


Poi è arrivata Janet Yellen e ha avuto una trovata geniale.



Ha capito che poteva drenare quella liquidità in eccesso emettendo T-Bill a breve termine con rendimenti leggermente superiori al tasso del RRP. Il risultato? I fondi monetari (attratti dai rendimenti) hanno spostato la loro liquidità dal Reverse Repo verso i nuovi T-Bill, abbandonando progressivamente la facility della Fed.


In pratica, la liquidità è passata dal bilancio della Fed alle casse del Tesoro.


In questo modo, il Tesoro è riuscito a finanziare i deficit record senza dover inondare il mercato con titoli di Stato a lungo termine, che avrebbero fatto esplodere i rendimenti e messo in difficoltà il mercato obbligazionario.


Una mossa brillante, ma temporanea.


Perché quella strategia funzionava solo fino a quando c’era liquidità residua da drenare,

ma oggi che quel serbatoio è vuoto, il sistema perde la sua valvola di compensazione e non c'è più liquidità da attingere.


Le Riserve Bancarie


Passiamo ora a un altro indicatore importnate per tastare il polso del sistema: le riserve bancarie.


Sono la somma della liquidità che le banche commerciali detengono nei loro conti presso la Federal Reserve, in pratica, sono il carburante del sistema.


Quando questa "benzina" scarseggia però, il motore comincia a tossire, le banche diventano più prudenti, smettono di prestarsi denaro tra loro e il credito nell’economia rallenta.


È in quel momento che il sistema inizia a surriscaldarsi, e se ascolti bene, oggi il rumore del motore "fa uno strano rumorino" sotto al cofano.



Le riserve bancarie sono scese a 2,9 trilioni di dollari, in calo di 1,3 trilioni rispetto al picco di settembre 2021, una contrazione così ampia non è un dettaglio contabile, è il segnale che la liquidità si sta prosciugando proprio nel punto più critico del sistema.


La soglia del 10% del PIL


Jerome Powell è stato chiaro su questo punto: la Fed inizia a preoccuparsi seriamente quando le riserve bancarie scendono sotto il 10% del PIL americano.


Non è una soglia arbitraria. È il risultato di studi interni della Fed, di indagini condotte tra le principali banche, e soprattutto dell’esperienza diretta del settembre 2019, quando un crollo improvviso delle riserve scatenò la crisi repo.


Oggi ci troviamo di nuovo a un passo da quella zona rossa.


Facciamo due conti:

  • Riserve bancarie attuali: 2,96 trilioni di dollari (dato aggiornato alla scorsa settimana)

  • PIL degli Stati Uniti: 30,486 trilioni di dollari (Q2 2025)

  • Riserve come percentuale del PIL: 9,71%


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In altre parole, siamo già sotto la soglia critica il che significa che il sistema bancario americano è entrato in una fase di stress strutturale di liquidità, le riserve non bastano più a sostenere i flussi di credito.


Ogni ulteriore drenaggio, anche minimo, può generare una nuova crisi repo, come quella del 2019, ma su scala più ampia e con un debito pubblico molto più pesante.


La Fed lo sa. E il mercato lo sta già scontando.


Come si vede dal prossimo grafico, e come stavamo dicendo poco fa, siamo ufficialmente sotto la soglia del 10% del PIL, quella che la stessa Federal Reserve identifica come livello minimo di “riserve ampie”, cioè la quantità di liquidità necessaria perché il sistema finanziario funzioni senza tensioni.


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Secondo i calcoli della Fed, la zona di sicurezza corrisponde a un livello di riserve compreso tra 2,8 e 3,4 trilioni di dollari. Ma, con un PIL americano oggi intorno ai 30,5 trilioni, il valore “ottimale” dovrebbe restare sopra i 3,05 trilioni.


Siamo invece a 2,96 trilioni.


E con il Reverse Repo Facility ormai praticamente vuoto, non c’è più alcun cuscinetto di sicurezza.

In meno di dodici mesi, il sistema ha perso oltre 1 trilione di dollari di liquidità netta.


E qui arriva la parte più delicata.


La Federal Reserve continua ancora oggi a condurre il Quantitative Tightening a un ritmo di circa 25 miliardi di dollari al mese.


Ogni singolo dollaro drenato attraverso il QT, ormai, non arriva più da riserve in eccesso o da parcheggi di liquidità marginali. Arriva direttamente dalle riserve bancarie.


Ogni mese, la Fed sta letteralmente sottraendo linfa vitale al sistema creditizio.


Il drenaggio delle riserve non avviene in modo lineare, anzi, è un processo discontinuo, volatile e amplificato dai movimenti del Tesoro.


Il principale fattore di distorsione è proprio il Treasury General Account (TGA), il conto corrente del governo presso la Fed. Ogni volta che entrano le imposte o vengono collocati nuovi titoli del Tesoro, il TGA si gonfia. E ogni volta che il governo spende, si svuota.


Treasury General Account (TGA)
Treasury General Account (TGA)

L’ultimo grande crollo delle riserve, oltre 326 miliardi di dollari in una sola settimana, non è stato causato solo dal QT, è stato l’effetto combinato di QT + TGA + operazioni di fine anno, che hanno drenato il sistema in modo sincronizzato.


Il risultato è stato un assaggio di ciò che può accadere quando le condizioni si allineano nel modo sbagliato: le riserve possono evaporare in pochi giorni.


Siamo arrivati a un punto in cui la Fed non sta più solo “riducendo il bilancio”, ma sta camminando su una linea sottilissima tra il controllo della liquidità e la perdita di equilibrio del sistema.


E ogni mese di QT aggiunge un nuovo grado di tensione alla struttura finanziaria globale.




Perché questa volta è diverso


A questo punto potresti chiederti: “ma non è già successo qualcosa di simile nel 2019, quando le riserve scesero a 1,5 trilioni di dollari e la Fed intervenne per stabilizzare il mercato?”


Ottima domanda e in parte hai ragione.


Ma la risposta completa è: sì e no.


Nel 2019, quando le riserve toccarono quota 1,5 trilioni, rappresentavano circa il 7% del PIL americano, che allora era di 21,4 trilioni di dollari.


In quel momento, il sistema si bloccò. Il mercato dei repo esplose e la Fed andò nel panico e ricominciò a stampare denaro.


Ne parleremo tra poco più nel dettaglio, perché i parallelismi con la situazione odierna con sono estremamente significativi.


Ma la verità è che oggi la situazione è ancora più pericolosa.


Come abbiamo detto Le riserve bancarie sono al 9,71% del PIL, quindi teoricamente sopra al livello del 2019, eppure, i segnali di stress sono già evidenti.


Come è possibile? Vediamolo punto per punto.


  1. Il sistema è diventato molto più grande


Dal 2019 a oggi, l’intero sistema finanziario americano è cresciuto in scala e complessità.

I bilanci bancari sono più estesi. La leva è aumentata e la quantità di riserve necessaria per far funzionare i mercati dei finanziamenti è cresciuta proporzionalmente.


Nel 2019, il 7% del PIL bastò a generare una crisi, oggi, nonostante siamo al 9,71%, la struttura mostra già segni di tensione. Questo significa che la soglia di sicurezza si è spostata verso l’alto e che più il sistema cresce, più “carburante liquido” serve per mantenerlo stabile.


  1. Reverse Repo


Nel 2019, la Reverse Repo Facility (RRP) esisteva già sulla carta, ma non aveva un ruolo operativo rilevante. Come abbiamo spiegato nel capitolo precedente, era una “valvola di sicurezza” creata anni prima dalla Fed per gestire i tassi a breve termine, ma non veniva usata in modo sistematico.


In pratica, le banche e i fondi monetari non avevano bisogno di parcheggiare liquidità extra presso la Fed, perché il sistema era già “asciutto”: non c’erano eccessi di denaro da gestire. Anzi, nel settembre 2019, il problema era l’opposto, le riserve erano troppo basse e il mercato repo andò in crisi proprio per mancanza di liquidità.


Dopo il Covid, invece, è diventato una parte cruciale del sistema un serbatoio di liquidità su cui banche e fondi monetari hanno imparato a fare affidamento.


Oggi quella riserva importante è scomparsa e il sistema si ritrova a operare senza rete di protezione.


  1. Le regole sono diventate più rigide


Questo è il punto più critico: dopo la crisi del 2008 e la più recente crisi bancaria regionale del 2023, le autorità di vigilanza hanno imposto requisiti di liquidità molto più severi.


Le banche devono oggi mantenere livelli più elevati di High Quality Liquid Assets (HQLA) per rispettare standard come il Liquidity Coverage Ratio (LCR) e la risorsa più preziosa in questa categoria sono proprio le riserve bancarie.


Quando le riserve scendono, le banche si avvicinano pericolosamente al minimo regolamentare e cambiano comportamento, diventano difensive, riducono l’erogazione di credito, trattengono liquidità e aumentano i tassi sui finanziamenti overnight.


Il risultato è un sistema che si contrae dall’interno, anche senza che la Fed muova un dito.


Oggi non stiamo osservando un incidente isolato, stiamo assistendo alla saturazione strutturale del sistema bancario americano.


Ogni indicatore di liquidità, riserve, repo, RRP, TGA, sta lampeggiando rosso e il prossimo passo, inevitabilmente, sarà quello di cui nessuno vuole parlare apertamente: il ritorno della Fed alla stampa di nuova moneta.



RRP che si svuota, SRF che si accende


Nel grafico qui sotto le barre verdi (RRP) mostrano appunto la progressiva scomparsa del cuscinetto di liquidità che ha assorbito gli shock di Quantitive Tightening ed extra-offerta di Treasury negli ultimi due anni.


Le barre rosse invece rappresentano lo Standing Repo Facility (SRF): una sorta di “valvola automatica” che la Fed apre per immettere liquidità temporanea.


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Ora come abbiamo visto il serbatoio di riserva è vuoto e da qui in avanti, ogni dollaro di QT non viene più assorbito da un eccesso di liquidità, ma viene sottratto direttamente al cuore del sistema: le riserve delle banche e i flussi di collaterale (i Treasury usati come garanzia).


Il fatto che l'SRF stia iniziando a essere usato con più frequenza è un chiaro segnale: il sistema si sta già irrigidendo e spingere il QT oltre questo punto significa aumentare la probabilità che la frizione diventi stress vero e proprio.


Senza il cuscinetto del RRP, gli shock di regolamento e di offerta si scaricano di più su dealer e fondi, spingendo SOFR leggermente sopra l’EFFR (te lo spiego meglio prossimo capitolo) e irrigidendo il funding a termine.



SOFR spread


Il SOFR (Secured Overnight Financing Rate) è il tasso di riferimento per i prestiti overnight garantiti il cuore del mercato dei finanziamenti a brevissimo termine.


Quando lo spread tra il SOFR e il tasso effettivo dei Fed Funds si allarga, significa una cosa molto semplice: qualcuno nel sistema non trova liquidità facilmente.


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Il SOFR (Secured Overnight Financing Rate) è il tasso a cui le istituzioni finanziarie prendono in prestito denaro per una sola notte, offrendo in garanzia titoli di Stato americani.


L’altro tasso da osservare è l’EFFR (Effective Federal Funds Rate). È il tasso a cui le banche invece si prestano riserve tra loro, senza garanzie.


In un mercato sano, SOFR e EFFR si muovono quasi all’unisono e lo spread rimane stabile, segno che le riserve circolano liberamente e che la fiducia tra le istituzioni resta alta.


Ma quando lo spread inizia ad aumentare, vuol dire che qualcosa si sta incrinando nel sistema di "tubature" (plumbing) dove scorrono i flussi di dollari tra banche, fondi e broker primari.


È l’equivalente finanziario di una spia rossa sul cruscotto.


Negli ultimi mesi, questo spread ha cominciato ad allargarsi in modo costante, e anche se

non è ancora un’esplosione come quella del 2019, è sicuramente il primo sintomo di una tensione crescente nei mercati di funding.


Quando il SOFR si muove più in alto dei Fed Funds, significa che le banche stanno pagando di più per ottenere liquidità overnight, e questo accade solo quando le riserve iniziano a scarseggiare davvero.


Oggi il mercato ci sta mandando un messaggio chiaro: la liquidità non è più “abbondante”, come la Fed continua a sostenere, e meno abbonda più diventa costosa.


E ogni volta che il costo del denaro a breve aumenta per carenza di riserve, la Fed finisce intrappolata nella stessa dinamica: prima nega il problema, poi lo “monitora”,e infine è costretta a intervenire con nuova liquidità.


Guardiamo i numeri: Il SOFR/EFFR spread si è allargato in modo costante tra il 2024 e il 2025, non si tratta di rumore o volatilità di breve periodo, è una tendenza strutturale.


Siamo passati da una fase di spread negativi, dove la liquidità era così ampia che i prestiti garantiti costavano meno di quelli non garantiti, a una fase di spread positivi e persistenti.


Il mercato sta dicendo chiaramente: le riserve sono troppo scarse.



Perché lo spread SOFR conta più di qualunque altro segnale


Questo indicatore è più importante di quasi tutti gli altri. Perché non è un dato retrospettivo come il PIL, non è un sondaggio come la fiducia dei consumatori.


È un segnale in tempo reale, basato su soldi veri, prestati e presi in prestito ogni notte nel mercato di funding più grande e liquido del mondo.


Oggi non siamo ancora al punto di rottura, ma i segnali che hanno anticipato le crisi del 2019 e del 2020 sono tutti qui.


Basta un singolo shock, fiscale, geopolitico o di funding, per far esplodere i tassi overnight.


Non pensare nemmeno per un secondo che alla Fed sfugga quello che sta succedendo,

il SOFR spread è uno dei parametri che la trading desk della Federal Reserve di New York monitora ogni singolo giorno.


Sanno cosa significa quando si allarga e sanno cosa accadde l’ultima volta che si mosse in questo modo. E quindi sanno perfettamente cosa succederà se non intervengono in tempo.



Settembre 2019


Facciamo un passo indietro: 17 Settembre 2019.


Quel mattino, il tasso del mercato repo overnight, quello a cui le banche si prestano denaro a brevissimo termine, offrendo in garanzia titoli del Tesoro, esplose dal 2% al 10% in poche ore.


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Un evento che, in un sistema fondato sulla stabilità dei tassi a breve, equivale a un arresto cardiaco improvviso.


In teoria, i Treasury dovevano essere il collaterale più liquido e sicuro del pianeta, in pratica, nessuno voleva più accettarli a quelle condizioni. La fiducia tra le istituzioni si era incrinata.


Come vedremo meglio più avanti in questo capitolo, la Fed intervenne in emergenza, iniettando decine di miliardi di dollari in poche ore. Ma il danno ormai è fatto. La spiegazione di ciò che è successo era, ed è ancora oggi, disarmante nella sua semplicità: le riserve bancarie erano scese troppo in basso.


Dopo la Grande Crisi Finanziaria del 2008, la Federal Reserve aveva gonfiato il proprio bilancio da meno di 1 trilione di dollari a oltre 4,5 trilioni, attraverso una serie di programmi di Quantitative Easing.


Ma a partire dal 2017, la Fed decise che era tempo di invertire la rotta.Iniziò così il primo grande esperimento di Quantitative Tightening, lasciando scadere i titoli obbligazionari senza reinvestirne i proventi.


In teoria, doveva essere un’operazione controllata, graduale, indolore, ma in pratica, stava lentamente prosciugando le riserve del sistema.


Nessuno se ne accorse finché il mercato repo smise di funzionare.


Quella mattina del 17 settembre 2019 fu il primo avvertimento reale di quanto la politica di drenaggio della liquidità potesse destabilizzare l’intero sistema monetario globale.


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Nel settembre 2019, le riserve bancarie erano scese a circa 1,5 trilioni di dollari.


Circa il 7% del PIL americano dell’epoca, che era intorno ai 21,4 trilioni.


La Fed pensava che fosse un livello sicuro ma si sbagliava.


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Il risultato di quella sequenza di eventi fu devastante.


Un vero e proprio collasso di liquidità, pronto a propagarsi attraverso l’intero sistema finanziario.


Per la prima volta dal 2008, la Fed si trovò di fronte a un problema che non poteva ignorare.



La risposta della Fed


Qui arriva la parte che quasi tutti dimenticano: la Fed andò nel panico. E fece bene a farlo.


Nel giro di poche ore, annunciò operazioni repo d’emergenza, iniettando decine di miliardi di dollari nel mercato dei finanziamenti overnight.


Ma quello fu solo l’inizio.


Nelle settimane successive, la banca centrale passò da interventi tattici a un vero e proprio cambio di paradigma.


Ecco cosa accadde:

  • Repo giornalieri: la Fed iniziò a condurre operazioni repo quotidiane, aggiungendo centinaia di miliardi di liquidità temporanea al sistema.

  • Acquisti di Treasury: annunciò che avrebbe ricominciato a comprare T-Bill, ampliando di fatto il proprio bilancio.

  • Fine anticipata del QT: il programma di Quantitative Tightening fu ufficialmente interrotto mesi prima del previsto.

  • Ritorno al QE: nell’ottobre 2019, la Fed diede il via a nuove operazioni di acquisto titoli, riattivando il QE.


Tutto questo accadde prima del Covid.


Molti oggi ricordano la pandemia come il momento in cui la Fed riaccese la stampante. In realtà, lo aveva già fatto.


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La storia si ripete


Quello che vedete nel grafico qui sopra, evidenziato in rosso, era Quantitative Easing, la stampante che si riaccendeva, e accadde sei mesi prima del Covid, sei mesi prima dei lockdown.


La Fed non riavviò il QE per una pandemia, non lo fece per una recessione e neppure per una crisi finanziaria tradizionale: lo fece perché le riserve bancarie erano scese troppo in basso.


Ora mettiamo le due epoche a confronto.


Settembre 2019

  • Riserve bancarie: 1,5 trilioni di dollari (7% del PIL)

  • RRP: praticamente inesistente

  • Politica Fed: QT a 50 miliardi al mese

  • Segnali d’allarme: volatilità dei tassi repo, riserve in calo costante

  • Punto di rottura: una singola giornata di pagamenti fiscali e regolamento del Tesoro

  • Risposta Fed: operazioni repo d’emergenza e ripartenza del QE nel giro di settimane


Ottobre 2025

  • Riserve bancarie: 2,96 trilioni di dollari (9,71% del PIL)

  • RRP: praticamente vuoto (~5 miliardi, da 2.400 miliardi)

  • Politica Fed: QT ancora attivo, a 25 miliardi al mese

  • Segnali d’allarme: spread SOFR in aumento, riserve in calo, Powell che inizia a “preparare” i mercati

  • Punto di rottura: ancora da definire ma sempre più vicino

  • Risposta Fed: ancora “da decidere” ma sappiamo esattamente cosa farà.


La configurazione è identica.


L’unica differenza è la scala perchè oggi il sistema è molto più grande, più interconnesso, più levereggiato.


E, dopo la crisi bancaria regionale del 2023, anche più fragile.


Quello che vediamo non è un déjà vu, ma un copione riscritto in caratteri più grandi. Le stesse cause, le stesse dinamiche, la stessa inevitabile conclusione.


La Federal Reserve avrebbe dovuto “normalizzare” il proprio bilancio, tornare, almeno in teoria, a livelli più vicini a quelli pre-crisi.


Ma non può farlo.


Ogni volta che ci prova, incontra lo stesso muro: riserve insufficienti.


Ogni ciclo è identico, la Fed inizia a ridurre il bilancio, le riserve scendono, il sistema inizia a mostrare stress e qualcosa si rompe.


Così la Fed è costretta a invertire la rotta e tornare a espandere la liquidità.


È un loop infinito. Una dipendenza da cui non può più uscire.


Oggi la banca centrale americana si è auto-imprigionata in un regime di QE permanente.


Non può ridurre in modo significativo il bilancio senza far collassare il sistema, e non può mantenerlo così gonfio senza riaccendere la fiamma inflazionistica.



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Le crepe nel sistema e la paura della Fed


Quando Powell ha detto che la Fed “potrebbe interrompere la riduzione del bilancio nei prossimi mesi”,non è stata una battuta casuale.


È stato un messaggio calibrato.


La Fed sta preparando il mercato a un cambio di rotta. Vuole evitare di essere colta di sorpresa come nel 2019, quando dovette attivare in fretta un pivot d’emergenza che sembrò un panico istituzionale.


Questa volta, vogliono far sembrare la mossa una decisione di controllo ma la verità è che il controllo è un’illusione.


Il risultato sarà lo stesso. Il QT sta finendo. Il QE sta tornando.

L’unica incognita è quando.


A questo punto abbiamo un quadro chiaro:

  • Le riserve sono criticamente basse.

  • Il Reverse Repo Facility è vuoto.

  • Lo spread SOFR si sta allargando.

  • E abbiamo già visto questo film nel 2019.


Ecco il paradosso finale.


Il PIL americano continua a crescere.

  • PIL attuale: 30,5 trilioni di dollari

  • Tasso di crescita: tra il 2% e il 3% annuo


Se il PIL aumenta del 3% in un anno, significa 900 miliardi di dollari di nuova produzione economica.


E se la Federal Reserve vuole mantenere un livello di riserve pari al 10% del PIL, allora quelle riserve dovrebbero crescere di circa 90 miliardi di dollari ogni anno, solo per tenere il passo.


Ma invece la Fed le sta riducendo.


Con il ritmo attuale del QT, circa 25 miliardi di dollari al mese, le riserve si stanno contraendo di quasi 300 miliardi l’anno.


Anche se la Fed si fermasse oggi, mantenendo il livello attuale di 2,96 trilioni di dollari, il rapporto riserve/PIL continuerebbe a scendere nel tempo.


Per mantenere stabile quel rapporto, o riportarlo sopra la soglia del 10%, la Fed ha solo due scelte.


a) Far crescere le riserve in linea con il PIL, cioè introdurre una forma di QE moderato.

b) Lasciare che il rapporto continui a scendere finché qualcosa si rompe di nuovo.


La verità è che la Fed è intrappolata su una ruota da criceto monetaria. 🐹




Scenari


Ecco lo scenario più probabile, sulla base di tutti i segnali che abbiamo analizzato:


 

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