top of page

Wagmi PRO | 🌎 Scenari Geopolitici Israele-Iran: Impatti sul Mercato Crypto

Le crescenti tensioni tra Israele e Iran hanno innescato timori nei mercati globali e domande sull’effetto di questi eventi geopolitici sulle criptovalute. Bitcoin e le altcoin si trovano a oscillare tra la narrativa di “beni rifugio digitali” e la realtà di asset ancora considerati rischiosi. In questo report analizziamo i possibili scenari – escalation militare, tensione prolungata e de-escalation diplomatica – e il loro impatto nel breve e medio termine sul mercato crypto.



Introduzione


Le nuove ostilità tra Israele e Iran hanno riacceso la “modalità risk‑off” sui mercati globali. Il VIX – il termometro della paura di Wall Street – è balzato ai massimi da tre settimane, mentre l’oro e il dollaro hanno ripreso quota da bene rifugio. Bitcoin è sceso sotto 103 000 $ il 13 giugno, per poi stabilizzarsi sopra area 105 000 $; le altcoin hanno accusato cali a doppia cifra.


Punti‑chiave:

  • Gli shock geopolitici innescano dump immediati, ma storicamente i drawdown su crypto sono seguiti da rapidi rimbalzi se la crisi non degenera.

  • Bitcoin si comporta ancora come asset risk‑on nel brevissimo termine; l’oro resta il rifugio n. 1.

  • L’interesse istituzionale (ETF spot: +1,37 mld $ di afflussi nell’ultima settimana) continua a sembrare un “buy‑the‑dip” costante.



Gli Indicatori Macroeconomici e di Mercato da Monitorare


In situazioni di forte incertezza geopolitica, è fondamentale tenere d’occhio alcuni indicatori chiave che riflettono il sentiment e i flussi di capitale tra asset rifugio e asset di rischio:


  • Indice di Volatilità (VIX) – Spesso chiamato “indice della paura” di Wall Street, tende a impennarsi durante le crisi. Ad esempio, dopo gli attacchi reciproci tra Israele e Iran di metà giugno 2025, il VIX ha toccato il livello più alto da tre settimane, superando quota 20. Un VIX elevato indica volatilità in aumento e avversione al rischio sui mercati azionari, clima che tipicamente si riflette anche nel crypto-market (con vendite e oscillazioni accentuate).


  • Oro e Dollaro USA – Sono tradizionali beni rifugio. In caso di escalation, il prezzo dell’oro tende a salire (come avvenuto con +1% circa dopo gli strike a giugno 2025) e il dollaro statunitense si rafforza grazie ai flussi verso sicurezza. Monitorare l’oro vicino a massimi storici o l’indice del dollaro (DXY) in rialzo può segnalare che gli investitori globali stanno abbandonando asset rischiosi a favore di porti sicuri.


  • Rendimenti dei Treasury USA – I titoli di Stato americani sono un altro rifugio. Nel risk-off acuto, tipicamente i rendimenti dei Treasury scendono (prezzi in aumento) poiché i capitali si riversano nei bond. Tuttavia, eventi geopolitici che spingono in alto i prezzi dell’energia (ad es. petrolio) possono alimentare aspettative d’inflazione e influire sui tassi: in una crisi prolungata, yield decennali e mosse delle banche centrali vanno seguiti attentamente. Un conflitto che fa schizzare il petrolio (+7-10% in pochi giorni in scenario di guerra) potrebbe complicare le scelte delle banche centrali tra controllo dell’inflazione e supporto alla stabilità economica.


  • Flussi verso Stablecoin – Nel mercato crypto, le stablecoin (come USDT, USDC) fungono da rifugio digitale e barometro del sentiment. Durante tensioni geopolitiche, la domanda di stablecoin tende ad aumentare, segno che gli investitori cercano protezione dalla volatilità parcheggiando capitali in dollari tokenizzati. Un picco nelle capitalizzazioni o nei volumi di stablecoin suggerisce fuga dal rischio crypto verso la stabilità del valore USD. Questi flussi sono da monitorare insieme alle riserve sugli exchange: forti afflussi in stablecoin possono preludere a liquidità pronta per rientrare sul mercato (in caso di schiarite) o, al contrario, a capitali in attesa fuori dalle criptovalute se la crisi perdura.


  • Crypto Fear & Greed Index – Un indicatore sintetico del sentiment crypto. In periodi di notizie geopolitiche gravi, questo indice può rapidamente passare da “Greed” a “Fear”. Ad esempio, nel 2024 un attacco iraniano portò l’indice da Greed (72) a Fear (43) in poche settimane. Nel giugno 2025, nonostante nuovi attacchi, l’indice è ancora in zona “Greed” (intorno a 60) segnalando sorprendente resilienza. Osservare questo indice può aiutare a capire se il mercato crypto sta reagendo con panico o mantiene fiducia relativa.


La Correlazione tra Crypto e Mercati Tradizionali durante le Crisi Passate


Durante shock geopolitici, nel breve termine, Bitcoin e il resto del mercato crypto mostrano finora un andamento più simile agli asset risk-on tradizionali che ai beni rifugio. In altre parole, nelle fasi di panic selling globale, le criptovalute tendono a scendere insieme alle borse, piuttosto che salire come l’oro.


Gli eventi recenti confermano questa correlazione:


  • Variazioni di prezzo sincronizzate con le azioni: quando il 13 giugno 2025 Israele ha colpito l'Iran, i mercati azionari asiatici ed europei sono arretrati e Bitcoin è scivolato di oltre il 5% in poche ore, da ~$108.000 a ~$103.000. Ethereum ed altre altcoin hanno subito cali ancor più marcati (ETH -7% in un giorno). Questo comportamento “risk-off” è analogo a quello di indici azionari o tech stock ad alta crescita, suggerendo che nel breve termine le crypto seguono il destino dei mercati azionari in periodi di paura.


  • Correlazione e liquidazioni: Durante i momenti di avversione al rischio, aumentano le liquidazioni forzate nel mercato crypto, sintomo di correlazione con i sell-off generali. Nelle 24 ore successive agli scontri tra Israele e Iran di questi giorni, si sono registrate oltre $1,1 miliardi di dollari in posizioni long liquidate in poche ore. Ciò indica che quando c’è panico, molti trader chiudono posizioni speculative, generando una "cascata" di stop-loss analogamente a quanto avviene sui mercati azionari derivati durante i crash.


  • Casi di decorrelazione limitati: Va detto che in certe occasioni specifiche, Bitcoin ha mostrato sprazzi da “hedge macro” – ad esempio durante l’instabilità bancaria (marzo 2023) o in contesti di inflazione elevata alcuni investitori l’hanno considerato un’alternativa all’oro. Ma nel breve termine nel vivo di crisi geopolitiche acute, prevale finora la correlazione col mood risk-on/risk-off generale. In altre parole, nel breve termine la liquidità e il sentiment contano più della narrativa: finché Bitcoin non sarà più maturo e adottato ampiamente come riserva di valore, il suo prezzo resterà legato ai cicli economici e di liquidità globali.


Più avanti in questo report andremo a fare un'analisi più approfondita della reazione a breve e medio periodo dei crypto-asset nei periodi di shock geo-politico come quello odierno.



Istituzionali vs Retail in Scenari di Incertezza


Il comportamento degli investitori nelle fasi di alta incertezza varia a seconda della tipologia di partecipante al mercato:


Investitori Istituzionali: Molti investitori professionali e fondi trattano Bitcoin e crypto come asset ad alta beta, da ridurre in portafoglio quando la volatilità e i rischi macro aumentano. I portafogli istituzionali con allocazioni in Bitcoin spesso tendono a tagliare queste posizioni durante i picchi di volatilità. In pratica, la priorità immediata diventa la gestione del rischio e della liquidità, come ha dichiarato Sean McNulty di FalconX, “sebbene [Bitcoin] sia stato occasionalmente scambiato come copertura macro, in momenti di rischio acuto – in particolare un conflitto militare – la liquidità ha la priorità sulla narrativa”. Di conseguenza, i trader istituzionali monetizzano le posizioni, si rifugiano in dollari e riducono l’esposizione leverage nelle fasi di crisi.


Tuttavia, non tutte le istituzioni abbandonano il campo: alcuni investitori istituzionali a lungo termine vedono nelle correzioni un’opportunità di acquisto. Dati on-chain mostrano che, pur nella volatilità dell'ultima settimana, c’è stata resilienza di Bitcoin grazie al continuo accumulo da parte di compratori istituzionali, gli ETF Spot su Bitcoin hanno registrato afflussi netti per $1,37 miliardi, evidenziando ingressi di capitale fresco probabilmente da gestori che approfittano dei cali per rafforzare posizioni strategiche. In sintesi, gli istituzionali tendono ad adottare un approccio cauto e difensivo nel breve periodo (hedging, prese di profitto, riduzione rischio), ma alcuni mantengono la rotta sul lungo termine e possono persino sostenere il mercato comprando sui ribassi se convinti delle prospettive di Bitcoin.


Investitori Retail: Il pubblico retail spesso reagisce in modo emotivo alle notizie di crisi. Come avete visto anche nella community gratuita di Wagmi Lab, in questi giorni c'era molta preoccupazione da parte di alcuni membri che si aspettavano un calo dei prezzi molto più vistoso ed esteso nel mercato. Come sempre i retail non sono l'esempio di comportamento ideale sul mercato. Nel breve termine, molti piccoli investitori si rifugiano in stablecoin o liquidano posizioni per paura di crolli più profondi. Come si è visto, in momenti di panico sale la capitalizzazione delle stablecoin e il numero di trader liquidati (oltre 150.000 trader liquidati nelle 24 ore dopo un attacco missilistico iraniano ad ottobre 2024). Ciò suggerisce che tanti retail spesso subiscono perdite per l’uso dell’eccessiva leva finanziaria.


D’altra parte, (finalmente aggiungo...) una fascia di investitori retail più esperti o crypto-native adotta un comportamento contrario: alcuni vedono Bitcoin come assicurazione a lungo termine contro instabilità politico-economica e scelgono di holdare o persino accumulare durante le flessioni di mercato, credendo che alla lunga i fondamentali restino immutati.


Possiamo anche aggiungere che durante crisi precedenti (come l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022), si è osservato un aumento nell’uso di criptovalute in regioni colpite – sia per ricevere fondi internazionali sia per preservare valore in caso di svalutazione della valuta locale. In Iran stesso, soggetto a sanzioni da anni, parte della popolazione e del governo ha mostrato interesse per Bitcoin e crypto-mining come mezzo per aggirare restrizioni finanziarie.


Ciò indica che in contesti estremi alcuni retail (e governi...) vedono le crypto come alternativa funzionale al sistema finanziario tradizionale.


In generale, però, è obbligatorio sottolineare che in una fase di altissima incertezza globale, prevale l’atteggiamento prudente: il retail tende a ridurre l’esposizione alle altcoin più speculative (che infatti crollano maggiormente) e a rifugiarsi, se resta nel settore, verso asset percepiti un po’ più solidi come Bitcoin o stablecoin in attesa che la tempesta passi.


L’appetito per il rischio cala marcatamente: volumi di scambio e nuovi ingressi retail sul mercato crypto spesso rallentano durante guerre o crisi, complice anche l’attenzione mediatica rivolta ad altre priorità e una minore liquidità generale.



Scenari Geopolitici Possibili Futuri e Impatto sulle Crypto


Scenario 1: Escalation Militare Aperta


In uno scenario di escalation militare conclamata – ad esempio un conflitto diretto tra Israele e Iran che coinvolga anche potenze regionali o globali – i mercati reagirebbero con forti dinamiche risk-off.


I probabili effetti su Bitcoin e altcoin nel breve termine sarebbero:


  • Shock iniziale e volatilità elevata: Notizie di guerra aperta quasi certamente innescherebbero sell-off immediati nelle criptovalute. Gli investitori, già nervosi, venderebbero Bitcoin e soprattutto altcoin per fare cassa o spostarsi su asset rifugio. Ci si può aspettare cali bruschi dei prezzi (es. -5% o più in poche ore, come già visto la scorsa settimana) e un’impennata della volatilità realizzata e implicita. Gli indicatori di paura (Crypto Fear & Greed) passerebbero probabilmente in territorio “Fear” o “Extreme Fear”, e il VIX tradizionale si alzerebbe ulteriormente segnalando turbolenza globale. Un aumento repentino delle liquidazioni (centinaia di milioni o miliardi in poche ore) è probabile, dato che molti trader verrebbero colti di sorpresa dall’intensità delle vendite.


  • Corse ai beni rifugio tradizionali: Parallelamente, ci aspettiamo forti afflussi su oro, dollaro e Treasury – movimenti già osservati nelle prime fasi del confronto. Reuters ha riportato che l’offensiva israeliana di giugno ha “sollevato il prezzo del petrolio e spinto gli investitori verso oro e dollaro, che hanno ripreso il loro ruolo di asset rifugio”. Questo trend proseguirebbe in caso di guerra: l’oro potrebbe puntare ai massimi, il dollaro rafforzarsi contro tutte le valute. Bitcoin invece rischierebbe di perdere ulteriormente appeal come “oro digitale” nel brevissimo periodo, evidenziando la divergenza con il metallo giallo.


  • Bitcoin vs Altcoin: In piena escalation, è probabile una dominance di Bitcoin in aumento poiché gli investitori crypto riducono le altcoin più rischiose e, se rimangono nel mercato, concentrano il capitale su BTC che viene percepito (relativamente) più resiliente. Già nel recente episodio bellico si è visto Bitcoin correggere meno di Ether e altri alt: BTC -2.8% vs ETH -10.7% nella settimana dell’attacco. Ciò potrebbe accentuarsi in una guerra: altcoin minori (prive di uso consolidato) potrebbero subire drawdown molto superiori, e alcune potrebbero perdere liquidità se i market maker si ritirano dal mercato volatile.

  • Stablecoin demand in crescita – come menzionato, diventerebbero il rifugio interno per chi vuole uscire dalle cripto senza tornare a fiat.



Se il conflitto dovesse perdurare per mesi, l’incertezza cronica manterrebbe probabilmente un clima da “flight to safety” prolungato. In tale contesto, Bitcoin potrebbe trovare un pavimento di prezzo se la situazione macro circostante induce le banche centrali a politiche accomodanti (stile crisi: tassi più bassi per sostenere l’economia) o se l’instabilità regionale alimenta l’inflazione energetica (portando alcuni a cercare rifugio dall’erosione monetaria in asset a offerta limitata come BTC).


Tuttavia, questi effetti positivi per Bitcoin richiedono tempo e fiducia: nel medio termine di una guerra, è possibile che alcuni investitori inizino a vedere Bitcoin come hedge contro inflazione da guerra o contro potenziali controlli sui capitali, soprattutto se i governi coinvolti reagissero con misure eccezionali (stampa di moneta per finanziamenti bellici, restrizioni bancarie, ecc.). Ad esempio, se l’Iran o altri Paesi subissero sanzioni finanziarie ancora più pesanti, l’uso di crypto come rete alternativa potrebbe crescere – con implicazioni sul volume delle transazioni e sull’adozione locale, anche se non necessariamente sul prezzo globale in modo diretto.


In ogni caso, per gran parte degli investitori globali, finché la guerra infuria, la propensione al rischio rimarrebbe bassa.


L’elemento chiave sarebbe capire se l’economia mondiale entra in recessione o no a causa del conflitto: in scenario recessivo, i crypto asset potrebbero risentire di ulteriore calo di domanda speculativa; se invece si crea un ambiente stile “stagflazione” (crescita debole, inflazione alta per il caro-energia), Bitcoin potrebbe paradossalmente attrarre l’interesse di chi cerca protezione dall’inflazione (ma dovrebbe in questo caso competere col richiamo dell’oro, che in quel frangente storicamente domina).



Scenario 2: Tensione Prolungata e Conflitto Congelato


In questo scenario, le ostilità rimangono a livelli di scontro limitato o episodico, senza sfociare in guerra totale, ma nemmeno risolvendosi rapidamente. Si avrebbe una situazione di incertezza protratta nel tempo, con il mercato che sconta un “rischio geopolitico latente” per settimane o mesi.


Gli effetti attesi sul crypto-mercato sarebbero più sfumati rispetto allo shock di una guerra aperta:


  • Volatilità intermittente: Notizie occasionali di incidenti (es. schermaglie minori, sanzioni aggiuntive, rotture diplomatiche) potrebbero causare spike di volatilità periodici in Bitcoin e altcoin. Ad ogni nuovo titolo preoccupante, i mercati avrebbero mini-episodi di risk-off (piccole correzioni, magari -1%-3% in Bitcoin giornaliero, e -5%-10% su altcoin più volatili). Tuttavia, in assenza di un’escalation irreversibile, il mercato potrebbe “abituarsi” parzialmente alla tensione. Vedremmo forse Bitcoin muoversi in un range laterale (trading range) relativamente contenuto, mancando catalizzatori netti al rialzo ma anche trovando supporto su livelli tecnici chiave grazie all’interesse di acquirenti su eventuali discese e alla mancanza di shock estremi. Questo sembra riflettersi nell’andamento di metà giugno 2025: Bitcoin è rimasto attorno a 105.000$, bloccato in un range, proprio a causa dell’incertezza se il conflitto si allargasse o meno.


  • Sentiment cauto ma non nel panico: In uno scenario di tensione prolungata ma sotto controllo, il sentiment di mercato sarebbe verosimilmente di cautela continua. Indicatori come il Crypto Fear & Greed potrebbero posizionarsi in una zona neutra o leggera “fear”, segnalando preoccupazione ma non panico estremo. Gli investitori saprebbero che esiste un rischio geopolitico sullo sfondo, ma con il passare del tempo senza un disastro, potrebbero sviluppare una sorta di resilienza. Ogni ondata di vendite potrebbe essere seguita da rimbalzi tecnici quando la situazione appare stabilizzarsi temporaneamente. Un’analisi di QCP citata su CoinDesk sottolineava proprio la “notevole resilienza” di Bitcoin in mezzo alla volatilità recente, attribuita al fatto che acquirenti istituzionali continuavano a fornire supporto nonostante lo scenario teso.


  • Flussi di capitale: In un contesto di tensione non risolta, è probabile che parte dei capitali resti in parcheggio. Molti trader potrebbero mantenere porzioni del portafoglio in stablecoin o in cash aspettando maggiore chiarezza. Questo comporta volumi di trading potenzialmente ridotti rispetto a periodi di euforia, e una certa ritrosia a esporsi fortemente su altcoin a bassa capitalizzazione. Gli afflussi istituzionali nel settore potrebbero rallentare se manca la fiducia per nuovi investimenti finché la crisi non si attenua. Tuttavia, non è detto che tutto si fermi: se altri fattori macro sono positivi (ad es. politiche monetarie accomodanti, adozione tecnologica in crescita), il settore crypto potrebbe continuare a svilupparsi in parallelo, solo con un freno tirato a causa del “rischio Iran-Israele” percepito. In pratica ci sarebbe un clima di mercato attendista: gli investitori calibrano l’esposizione al rischio con attenzione, pronti a ridurre se le notizie peggiorano, ma anche disposti a rientrare gradualmente se vedono che la situazione rimane gestibile.


  • Bitcoin come “rifugio parziale”: In assenza di peggioramenti, alcuni potrebbero iniziare a considerare Bitcoin un rifugio relativo all’interno del panorama crypto. Ad esempio, se l’insicurezza rimane elevata, potremmo vedere Bitcoin guadagnare quota di mercato (dominance) mentre gli investitori preferiscono la criptovaluta principale rispetto alle scommesse su progetti minori. In altre parole, in un periodo di tensione cronica, Bitcoin potrebbe comportarsi un po’ come il “bene rifugio del mondo crypto” – non immune da cali, ma più stabile degli altcoin e scelto come store of value digitale preferito. Ciò dipenderebbe anche dalla narrativa che evolve: se media e analisti iniziano a sottolineare come Bitcoin stia “tenendo” meglio di altri asset di rischio, ciò potrebbe rinforzare la fiducia di alcuni investitori nel tenerlo in portafoglio come assicurazione contro esiti estremi.


Se questo stallo dovesse durare nel medio periodo (diversi trimestri), il mercato crypto potrebbe attraversare una fase simile a una “lateralità volatile”. Le altcoin di dubbia utilità potrebbero soffrire e perdere rilevanza, mentre progetti solidi continuerebbero a essere sviluppati ma con minore attenzione speculativa. Bitcoin nel medio termine potrebbe trarre un parziale vantaggio reputazionale da una tensione prolungata se – malgrado tutte le paure – riesce a mantenere valore meglio di certi asset tradizionali.


Ad esempio, se le borse entrassero in correzione profonda per la persistente incertezza e Bitcoin invece tenesse i suoi livelli (o scendesse meno), alcuni investitori potrebbero iniziare a ritenerlo più robusto del previsto. Questo richiederebbe comunque che la crisi non degeneri: in sostanza Bitcoin potrebbe beneficiare di una tensione “gestibile”, dimostrando al mondo finanziario la propria resistenza in condizioni difficili.


Nel frattempo, aspetti macro come eventuali tagli dei tassi da parte delle banche centrali (per sostenere l’economia minacciata dalla guerra) o stimoli fiscali potrebbero indirettamente sostenere anche il settore crypto nel medio periodo, fornendo liquidità ai mercati. In conclusione, sotto una tensione prolungata ma stabile, il mercato crypto vivrebbe in un limbo: né un crollo totale (a meno di improvvise paure), né un decollo; piuttosto, oscillazioni periodiche e rotazione verso asset crypto di qualità maggiore, in attesa di sviluppi geopolitici definitivi.



Scenario 3: De-escalation e Distensione


Nello scenario più favorevole, le parti tornano al tavolo diplomatico e le tensioni iniziano a diminuire. Potrebbe trattarsi di un cessate-il-fuoco mediato da potenze terze o di segnali concreti di allentamento (ad esempio ripresa dei negoziati sul nucleare iraniano, ritiro di forze, aperture a ispezioni internazionali, ecc.).


Gli effetti sui mercati, crypto inclusi, sarebbero tipici di un ritorno dell’appetito per il rischio (risk-on mood):


  • Rally di sollievo (relief rally): Appena il mercato percepisce che il rischio di guerra si allontana, gli asset di rischio rimbalzano. Ci aspettiamo dunque un rialzo di Bitcoin e altcoin, inizialmente forse brusco (short squeeze sui ribassisti che avevano scommesso sul conflitto) e poi graduale. Bitcoin potrebbe riconquistare velocemente i livelli persi durante la fase di paura e puntare nuovamente i massimi recenti se il contesto macro generale è positivo.


  • Ripresa del rischio sulle altcoin: Le altcoin beneficerebbero ancora di più di un clima risk-on. In fasi di entusiasmo ritrovato, storicamente gli investitori incrementano posizioni sulle criptovalute più speculative alla ricerca di rendimenti superiori. Quindi, ci si può attendere che le altcoin rimbalzino con forza – potenzialmente sovraperformando Bitcoin nel breve termine durante un rally post-crisi. Ad esempio, se Ethereum era sceso del -10% in tensione, potrebbe recuperare quel gap e spingersi oltre con un +15%/+20% in pochi giorni di rally, considerando anche il maggior beta. Le altcoin di settori come DeFi, NFT, etc., che durante la crisi erano state abbandonate, potrebbero vedere flussi di ritorno e ampi recuperi percentuali. Naturalmente, la selettività rimarrà importante: progetti con fondamentali dubbi potrebbero non riprendersi completamente, mentre quelli solidi e con notizie positive proprie potrebbero guidare la carica. Complessivamente però, un cessate-il-fuoco libererebbe il freno psicologico chemette sotto pressione l’intero comparto crypto.


  • Rotazione dai beni rifugio: Parallelamente, assisteremmo a una rotazione inversa: l’oro probabilmente correggerebbe dai picchi (gli investitori vendono oro per tornare su azioni e crypto), il dollaro potrebbe indebolirsi leggermente rispetto a valute più rischiose, e i rendimenti obbligazionari potrebbero salire ancora (meno domanda di Treasury). Questo contesto macro di “calma ritrovata” creerebbe vento in poppa per gli asset digitali: minore volatilità attesa (VIX in discesa), liquidità di nuovo propensa al rischio. È in questo scenario che le correlazioni tornerebbero a favorire il rialzo della crypto insieme alle borse. Se le borse globali riprendono a salire perché il rischio geopolitico si riduce, Bitcoin ed Ethereum tendono a seguirle al rialzo, spesso con moltiplicatore maggiore.


  • Sentiment e FOMO: Una de-escalation migliorerebbe drasticamente il sentiment. Da un clima di paura si potrebbe passare rapidamente a uno di rinnovata fiducia o persino euforia se, ad esempio, la rimozione di un grosso rischio geopolitico coincide con altri fattori bullish (come politiche monetarie favorevoli, avanzamenti regolatori pro-crypto, etc.). Gli investitori retail che erano rimasti alla finestra potrebbero rientrare spinti dalla FOMO (Fear Of Missing Out) di perdere il prossimo rally, aumentando i volumi. Gli istituzionali, confortati dal calo dell’incertezza, potrebbero riprendere programmi di allocazione su Bitcoin e anche sulle alt-coin (soprattutto se supportati da prodotti come ETF, fondi dedicati, ecc.). Insomma, il mercato crypto tornerebbe a concentrarsi sui suoi driver interni ( anziché sul rischio bellico.


Con la crisi alle spalle, le prospettive di medio termine per il crypto ritornerebbero a dipendere prevalentemente dai fondamentali macroeconomici tradizionali e dall’adozione tecnologica. Bitcoin, in un contesto di pace relativa, potrebbe proseguire il suo ciclo di mercato senza più il freno geopolitico – se era in bull trend potrebbe riprenderlo vigorosamente. Inoltre l’esperienza potrebbe avere rafforzato la narrativa di Bitcoin come asset resiliente: se, malgrado un periodo di stress, BTC avrà mantenuto gran parte del suo valore, i sostenitori potranno argomentare che ha “superato la prova” e attirare nuovi investitori.


Aggiungo che l’uscita da una crisi con Bitcoin vicino ai massimi storici di prezzo sarebbe un caso di studio a favore di questa tesi. Per le altcoin, un medio termine in scenario disteso significa probabilmente ripresa della selezione naturale: i progetti utili prosperano con nuovi utenti e capitali, quelli puramente speculativi potrebbero aver perso terreno durante la crisi e non tutti si riprenderanno.


Ma in generale, un ambiente risk-on prolungato dopo la de-escalation favorirebbe il ritorno di liquidità nei mercati crypto, con possibili nuovi record di capitalizzazione se anche l’economia globale resta favorevole (tassi bassi, crescita economica, ecc.).



Analisi della Reazione di Bitcoin e Altcoin a Shock Geopolitici Passati (2018–2025)


Negli ultimi 5–7 anni, Bitcoin e le principali criptovalute hanno mostrato reazioni variabili agli eventi geopolitici significativi (guerre, attacchi terroristici, tensioni internazionali, escalation militari). In genere si osserva uno schema ricorrente: un dump iniziale dovuto al panico, seguito da una stabilizzazione e spesso da un recupero nei mesi successivi.


Di seguito analizziamo alcuni eventi chiave, distinguendo l’andamento di Bitcoin rispetto a quello delle Altcoin (Ethereum e altre top coin), evidenziando le variazioni percentuali a 1, 3, 7 giorni e a 1–3 mesi dall’evento.


Bitcoin e Eventi Geopolitici

Bitcoin è talvolta descritto come “oro digitale” o bene rifugio, ma in occasione di shock geopolitici ha reagito in modo simile ad asset di rischio, almeno nell’immediato. La tabella seguente riassume l’impatto sul prezzo di Bitcoin in corrispondenza di tre eventi significativi:

Evento geopolitico

Data

Var. 1 giorno

Var. 3 giorni

Var. 7 giorni

Var. 30 giorni

Var. 60 giorni

Var. 90 giorni

Invasione russa dell’Ucraina

24 feb 2022

–10%

~–8% (stabile)

~+15% (rimbalzo)

~+20% (recupero)

~+5% (in calo)

–15–20% (nuovo calo)

Uccisione Gen. Soleimani (USA–Iran)

3 gen 2020

+5%

~+8%

~+15%

+30% (bull run)

~+25%

~0% (azzerato)**

Attacco Hamas in Israele

7 ott 2023

~0%

~0%

~+3%

+30% (impennata)

+45% (ETF hype)

~+40%


Legenda: Le variazioni (%) sono stimate rispetto al prezzo pre-evento. (Nota: Il crash globale da COVID-19 nel marzo 2020 azzerò i guadagni di Bitcoin a 90 giorni dall’evento USA–Iran)**.


Guerra in Ucraina (Feb 2022)

L’invasione russa dell’Ucraina il 24/2/2022 ha scatenato un immediato crollo di Bitcoin: in poche ore BTC è passato da ~39.000$ a ~35.000$ (–10% intraday) rispecchiando il Black Thursday vissuto dai mercati azionari globali. Entro fine giornata però Bitcoin aveva già invertito la rotta, rimbalzando sopra i 39.000$. In altre parole, Bitcoin è sceso insieme alle borse all’annuncio dell’attacco, per poi risalire nel giro di 24 ore. Questa volatilità intraday ha smentito l’idea di un bene rifugio stabile: gli analisti notarono infatti che l’oro (bene rifugio tradizionale) salì, mentre “la nozione di Bitcoin come porto sicuro è stata messa in dubbio” dall’andamento correlato agli asset rischiosi.


Nel breve termine (prima settimana) la dinamica è stata turbolenta ma positiva per chi ha acquistato nel panico iniziale. Bitcoin toccò un minimo intraday di ~$34.500 (–9% circa) e poi recuperò l’intero calo entro 2–3 giorni. A una settimana dall’invasione risultava in rialzo di circa +15% rispetto a prima dell’evento, attorno a 43–44.000$. Questo recupero rapido suggerisce che il dump iniziale fu un’occasione di acquisto profittevole nel brevissimo termine.


Nel medio periodo, tuttavia, l’effetto geopolitico si mescolò con altri fattori macro e interni al mercato crypto.


A 30 giorni dall’invasione, Bitcoin oscillava sui 45.000$ (~+20% da prima della guerra) grazie a un rally di sollievo e all’attenuarsi dei timori iniziali.


Dopo 60 giorni, con l’arrivo di aprile 2022, BTC era ridisceso intorno ai livelli pre-guerra (~40.000$, +5% circa), in parte per il generale irrigidimento delle politiche monetarie.


Infine, entro 90 giorni, nuove criticità nel settore crypto (crollo di Terra/Luna a maggio 2022) hanno riportato Bitcoin sotto i 30k di nuovo. In sintesi, chi aveva comprato sul panic selling di fine febbraio avrebbe visto un ottimo gain a 1–2 mesi, ma il contesto volatile del 2022 richiedeva di consolidare i profitti prima di nuovi shock.



Escalation USA–Iran (Gen 2020)

Un caso diverso è l’escalation tra Stati Uniti e Iran a inizio 2020, culminata con l’attacco aereo USA del 3/1/2020 che uccise il generale iraniano Qassem Soleimani. In quel frangente si osservò l’altro volto di Bitcoin: anziché crollare, BTC reagì come “bene rifugio” con un immediato balzo di circa +5% in concomitanza con l’attacco. Questo episodio suggerì che gli investitori cercavano in Bitcoin un’alternativa durante l’incertezza geopolitica, facendo impennare il prezzo di ~$600 in un giorno. Nei giorni seguenti, Bitcoin mantenne e ampliò i guadagni iniziali. Entro una settimana si attestava attorno a 8.000$ (+15% circa).


Nei 30 giorni successivi, l’evento geopolitico si innestò su un mercato già in ripresa dopo il bear market del 2019: a fine gennaio 2020 BTC toccò ~9.300$ (oltre +30% dal pre-crisi). L’iniziale shock bellico si rivelò quindi un ottimo punto di ingresso, accelerando un rally più ampio.


Anche 60 giorni dopo (inizio marzo 2020) Bitcoin era ancora ~25% sopra i livelli pre-evento. L’unico freno giunse dal fattore esogeno della pandemia: il crash globale di marzo 2020 (non legato a tensioni geopolitiche) fece ripiombare BTC sotto i 7.000$ ad aprile 2020, annullando temporaneamente i progressi.



Conflitto Israele–Hamas (Ott 2023)

L’attacco a sorpresa di Hamas in Israele il 7/10/2023 e la conseguente guerra a Gaza rappresentano un esempio recente. In questo caso, la reazione di Bitcoin nell’immediato fu contenuta: nessun crollo netto nelle 24 ore successive (BTC rimase intorno a 27.000$, oscillando di pochi punti percentuali). Gli investitori globali erano ormai abituati a tensioni regionali in Medio Oriente, percepite come rischi non sistemici per i mercati Inoltre, fattori macro favorevoli (raffreddamento dell’inflazione USA, attese di un ETF Bitcoin spot) hanno presto preso il sopravvento sul sentiment di mercato.


Nei giorni immediatamente successivi (1ª settimana) Bitcoin ha mostrato resilienza: dopo un lieve calo iniziale, entro 7 giorni era in timido rialzo (+2-3%). È nel mese seguente che si è visto un forte rally, ma per ragioni soprattutto interne al mercato crypto.


A metà ottobre 2023, infatti, circolarono notizie (poi risultate false) sull’approvazione di un ETF Bitcoin spot, seguite da segnali concreti di progressi sulle richieste ETF negli USA. Questi catalizzatori hanno innescato un’impennata: a 30 giorni dall’attacco, Bitcoin scambiava oltre 35.000$ (+30% rispetto ai ~27k pre-conflitto).


Il momentum è proseguito: a 60 giorni (inizo dicembre 2023) BTC superava 40.000$ (+45% circa), raggiungendo i massimi da aprile 2022. Verso fine dicembre ha toccato punte di ~44.000$. In sintesi, anche se il conflitto Israele-Hamas di per sé non ha fatto salire Bitcoin, ma chi avesse comprato durante l’incertezza iniziale di ottobre avrebbe comunque beneficiato di un forte apprezzamento nelle settimane seguenti, guidato dalla ritrovata propensione al rischio e dall’interesse istituzionale. Come ngià notato, il mercato cripto sembra aver sviluppato una sorta di “immunità” verso conflitti regionali limitati, a meno che non evolvano in crisi globali.



Risposta delle Alt-coin a Eventi Geopolitici


Le principali altcoin tendono a seguire la direzione di Bitcoin durante gli shock geopolitici, ma con maggiore volatilità. In fase di panico iniziale, le altcoin subiscono cali percentuali più marcati di BTC, mentre nelle fasi di recupero spesso mettono a segno rimbalzi percentualmente superiori (essendo asset a più alta beta rispetto a Bitcoin).


Di seguito, una tabella focalizzata su Ethereum (ETH) come rappresentante delle altcoin, con dati indicativi sulle variazioni di prezzo dopo gli stessi eventi:

Evento geopolitico

ETH: 1g

3g

7g

30g

60g

90g

Invasione russa dell’Ucraina (2022)

–12% (intraday)

~–5%

~+10%

~+15%

~0%

–20%

Crisi USA–Iran (Soleimani, 2020)

+5–6% (safe-haven)

~+10%

~+20%

+30%

+50%

~+10%

Conflitto Israele–Hamas (2023)

~0%

~0%

+2%

+16%

+30%

~+15%


Nota: percentuali stimate rispetto al prezzo pre-evento. Ethereum è usato come proxy delle altcoin maggiori (ad es. BNB, Solana) che hanno mostrato andamenti analoghi.



Pattern Generale delle Alt-coin


Shock iniziale: In occasione di eventi critici, le altcoin hanno generalmente sofferto un dump più accentuato di Bitcoin. Ad esempio, il 24/2/2022 Ethereum è crollato di quasi –12% intraday (fino a ~2.300$) contro il –9% di Bitcoin. Allo stesso modo, altre top coin come BNB, Cardano, Solana registrarono cali a doppia cifra percentuale nella prima settimana di guerra in Ucraina (ADA –16% circa su base settimanale, BNB –10%). Ciò indica che nel brevissimo termine le altcoin amplificano la reazione di Bitcoin: quando c’è fuga dal rischio, gli investitori abbandonano prima gli asset più volatili.


Recupero e mesi successivi: Se il clima macro migliora o l’evento non degenera, le altcoin tendono a recuperare terreno velocemente, spesso sovraperformando Bitcoin in percentuale. Dopo il panico iniziale dell’invasione russa, ETH rimbalzò del +14% in 24 ore raggiungendo $2.720 compensando il calo precedente. Entro fine marzo 2022 (30 giorni dopo), Ethereum era risalito sopra $3.400 (+15–20% da prima del conflitto). Va detto che quel recupero fu in parte frenato poi dal crollo di Terra/Luna, che colpì le altcoin in maggio 2022.


Nel caso della crisi USA–Iran del gennaio 2020, le altcoin seguirono Bitcoin in rialzo con circa $20 miliardi aggiunti alla capitalizzazione in pochi giorni. Ethereum, ad esempio, guadagnò circa +5% nel primo giorno e oltre +20% nella prima settimana, inaugurando un mini-altseason. Entro 1–2 mesi, ETH e diverse altcoin avevano più che raddoppiato il loro valore rispetto a prima della crisi (ETH passò da ~$130 a ~$280 nei primi di febbraio 2020, spinto anche da fattori tecnici di mercato). Chi avesse colto quel dip iniziale sulle altcoin avrebbe ottenuto rendimenti superiori perfino a quelli di Bitcoin nel giro di poche settimane, approfittando dell’effetto leva della maggiore volatilità.


Una dinamica simile si è vista nell’ultimo trimestre 2023: dopo l’attacco Hamas, Ethereum inizialmente è rimasto stabile (~$1.600), poi ha beneficiato del successivo rally di mercato: +16% a un mese (circa $1.850 a inizio novembre) e fino a +30% a due mesi (oltre $2.100 a dicembre). Altre altcoin a grande capitalizzazione (Solana, Ripple, ecc.) hanno anch’esse vissuto forti risalite nel Q4 2023, in parte grazie al migliorato sentiment generale più che al conflitto in sé.


“Dump geopolitici” come opportunità di acquisto?


Insomma ragazzi, è inutile che ci giriamo intorno, dall’analisi storica appare che i cali iniziali dovuti a shock geopolitici si sono spesso rivelati opportunità di acquisto nel medio termine, ma con importanti distinguo da fare.


Gli eventi bellici di portata regionale (per es. tensioni in Medio Oriente, testate nucleari nordcoreane, ecc.) tendono a provocare solo temporanei scossoni sui mercati crypto, riassorbiti in tempi relativamente brevi. Ad esempio, nell’ottobre 2023 il conflitto Israele–Gaza non ha impedito al mercato cripto di proseguire il suo trend rialzista alimentato da altri driver.


Nei casi di crisi maggiori, come l’inizio della guerra in Ucraina (evento geopolitico su scala globale), abbiamo osservato un panic selling iniziale con liquidazioni a cascata, seguito però da un rimbalzo quando il mercato ha digerito la notizia e ha trovato un nuovo equilibrio.

Questo pattern – panico e ipervenduto seguiti da rimbalzo tecnico e ritorno della domanda di asset rischiosi – si è ripetuto più volte.


In pratica, chi ha sangue freddo per comprare durante i flash crash geopolitici ha storicamente visto buoni rendimenti nelle settimane o mesi seguenti, a meno di sopraggiungere di fattori esogeni più forti (es. crisi finanziarie, pandemie).


Non è chiaramente un consiglio finanziario.


E naturalmente, ogni evento fa storia a sé. Non tutti gli shock geopolitici hanno effetti duraturi (molti attentati terroristici locali non hanno impatto rilevabile sul mercato crypto). Invece, se l’evento evolve in crisi sistemica (guerra globale, coinvolgimento delle superpotenze, bombe nucleari), le conseguenze potrebbero essere estremamente più severe e prolungate, riducendo la propensione al rischio per lungo tempo.


Va anche considerato il ruolo di Bitcoin rispetto alle altcoin: durante le fasi di stress, Bitcoin tende a mantenere meglio il suo valore (dominance in aumento) mentre le altcoin soffrono di più. Al contrario, quando la paura rientra, le altcoin rimbalzano vigorosamente.


Riassumendo gli ultimi 5–7 anni mostrano che le tensioni geopolitiche hanno sì provocato bruschi dump di Bitcoin e altcoin, ma questi cali si sono spesso dimostrati temporanei.


Chi ha acquistato nei momenti di shock (es. invasione Ucraina, crisi Iran, ecc.) ha generalmente visto recuperi nell’ordine di decine di punti percentuali entro 1–3 mesi, a patto che l’evento non innescasse effetti macro devastanti.


Bitcoin in particolare ha reagito in maniera sempre meno “eccezionale” e sempre più risk-on, oscillando insieme agli altri asset finanziari: ad esempio nel 2022 non si è comportato diversamente dall’S&P 500 durante l’invasione russa.


Le altcoin amplificano queste oscillazioni. Pertanto, storicamente i dump geopolitici su crypto appaiono come panic dips seguiti da ripresa, spesso configurandosi come occasioni di acquisto nel medio periodo – ma con l’avvertenza che la volatilità del mercato cripto resta elevata e dipende anche da fattori interni (regolamentazione, liquidità, adozione) oltre che dal clima geopolitico.



🚀 Vuoi portare il tuo percorso nelle crypto al livello successivo?


Ogni giorno in Wagmi Lab aiutiamo investitori come te a orientarsi con chiarezza nel mercato, evitando errori comuni e costruendo una strategia concreta, sostenibile e pensata per il lungo periodo.


🎯 Se vuoi capire meglio come muoverti, abbiamo riservato alcune sessioni gratuite di orientamento 1:1 con un esperto del nostro team.


⏳ I posti sono limitati: prenota ora la tua sessione e inizia a ragionare sul serio sul tuo capitale.




Conclusione


In definitiva, la crisi Israele-Iran fa tremare i prezzi ma non riscriverà la traiettoria di lungo periodo delle criptovalute. 

Finché non si trasformerà in un conflitto realmente esteso globale (cosa che ci auguriamo vivamente non accada), il destino di Bitcoin sarà deciso più da adozione, flussi negli ETF spot e politica monetaria che dai titoli di guerra.


In ogni caso mantenere un assetto snello – liquidità pronta da un lato, una posizione core su Bitcoin (e alt solide) dall’altro – consente di reagire a ogni esito: se la tensione esplode, si resta protetti; se si trascina, si opera in range; se si allenta, si torna all’attacco prima che la FOMO riaffiori.



Stefano Inga







Disclaimer: Le informazioni contenute in questo report hanno scopo esclusivamente informativo e non costituiscono in alcun modo consulenza finanziaria, legale o fiscale. Qualsiasi decisione di investimento resta a esclusivo rischio del lettore.

Comentários


bottom of page